Il “Liber Generationis” del Codice Trento 91
Responsabile del progetto: Amina Fiallo
Il Liber generationis è un brano polifonico a tre voci basato sull’incipit del Vangelo secondo Matteo (Matteo 1, 116), ossia la genealogia di Cristo. Esso è contenuto nel manoscritto Trento 91 (Trento, Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali, ms. 1378, cc. 107v-111r), compilato da Johannes Wiser, maestro di cappella nella cattedrale di Trento negli anni Sessanta del Quattrocento.
Il brano è parte di un repertorio caratterizzato dal cantus firmus scritto a note uguali, chiamato cantus firmus monoritmico o notazione per notulas, diffuso dalla fine del Quattrocento in molti testimoni di area germanica. È un repertorio liturgico polifonico molto semplice e formulare, adattabile a diverse occasioni. I generi più notati con questa tecnica sono soprattutto introiti, kyrie, sanctus, sequenze – generi molti versatili che potevano essere usati sia nelle messe canoniche che nelle messe votive. Questo repertorio è copiato molto frequentemente nei codici “d’uso”, manoscritti miscellanei personali che i maestri di cappella o gli studenti utilizzavano per annotare musica che gli sarebbe servita per diverse occasioni (di cui fanno parte i codici di Trento).
Il Liber è un unicum all’interno di questo repertorio; non vi sono altre intonazioni polifoniche su toni del Vangelo nel manoscritto, e nemmeno negli altri codici dello stesso periodo appartenenti alla stessa tipologia e alla stessa area geografica. Inoltre, è un brano che, al contrario degli altri generi con cantus firmus monoritmico, era cantato in un’occasione ben precisa, il mattutino di Natale.
Il brano è altamente formulare, e la polifonia costruita su di esso è molto semplice, quasi sempre omoritmica. Le voci di superius e contra sono costruite sulla voce di tenor, portatore del cantus firmus. Il brano è composto da quaranta frasi, che narrano la genealogia di Cristo da Abramo (Abraham) a Gesù (Jhesu), caratterizzate da quattro formule melodiche (α, β, γ, δ) che si susseguono sempre nello stesso ordine.
L’esecuzione completa del brano durerebbe circa 25-30 minuti. Si è scelto quindi di comprimerlo seguendo questo schema, raggruppando le frasi con lo stesso modulo melodico e sovrapponendone i testi. Ciascuna delle tre sezione di cantori è infatti divisa in tre sottosezioni, ognuna delle quali pronuncia un testo differente – o per meglio dire pronuncia il testo della genealogia a partire da un diverso punto, come mostra lo schema. Il coro è ulteriormente diviso in coro piccolo (che esegue le parti indicate in blu nella figura) e schola (che esegue le parti in rosso, in canto piano, in riposta al coro piccolo). Le frasi che principiano con “Iosias”, “Et post transmigrationem” e “Iacob autem” sono state riportate senza sovrapposizioni testuali, per conservare i punti forti della narrazione.
Il brano è scritto con tactus alla breve: nella trascrizione è stato scelto però di dividere i valori, utilizzando quindi una semibreve per battuta, per rendere più agevole la lettura in notazione moderna. Sono state conservate invece le ligature segnalate nel manoscritto, con una riflessione da fare sulla sottoposizione del testo. La teoria medievale e rinascimentale deriva dal rapporto neuma-sillaba (proprio del gregoriano) l’idea che ad ogni ligatura corrisponda un melisma. Nei repertori più tardi, specialmente quelli notati in manoscritti d’uso quale è Trento 91, le ligature venivano spesso utilizzate come espediente per velocizzare la scrittura, e per rendere più chiaro il ritmo delle note; inoltre, il testo molto spesso non veniva sottoposto alle voci aggiunte, ma solo alla voce che portava il cantus firmus. Considerato ciò, in sede di edizione, può capitare che nelle parti di superius e bassus non si sia tenuto conto delle ligature nel sottoporre il testo alle note.
Ciò che risulta da questo progetto è una trascrizione solidamente ancorata all’analisi e allo studio critico della fonte, che si volge però alle necessità della restituzione concertistica. La “versione da concerto” proposta da ITER Research Ensemble esplicita la struttura del brano e la sua logica costruttiva, enfatizzandone la struttura formulare; ma risolve anche il problema di come portare al pubblico odierno un brano difficilmente eseguibile nella sua forma originaria, sfruttando una tecnica “cinematografica” di compressione del tempo che ne condensa la durata senza pregiudicarne il decorso narrativo.
Il brano, in questa versione, è stato eseguito per la prima volta a Milano (Chiesa di S. Ambrogio) il 15 dicembre 2022, nel primo concerto pubblico di ITER Research Ensemble. Da quel momento è parte integrante della performance multimediale Canti, luoghi, fonti. Microstorie di polifonia vocale.